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"Togliendomi i mari, la
corsa e il volo/ e dando
al piede l'appoggio di una terra coatta,/che cosa
avete ottenuto? Bel calcolo:/ non potevate
amputarmi le labbra che si muovono".
Mandel'stam
I corpi sono la grammatica
sociale della paura.
Sulla loro superficie, nel loro modo di presentarsi si iscrivono le
paure che le varie epoche via via ci
consegnano.
Lungi
dall'essere semplici organismi, i corpi infatti sono degli
incontenibili dispensatoti di segni simbolici e in questo senso
incarnano, intimamente, un'epoca e le sue possibilità.
Nel gioco delle vesti e della moda, nei trucchi della seduzione, nella
cura della salute, nella ginnastica o nelle posture, nella reclusione
che immobilizza come nella disciplina sociale, nell'ortopedia come
nella sessualità: infiniti sono i luoghi in cui i corpi sperimentano la
difesa dalle paure.
Certo, queste pratiche non esauriscono il loro
significato nella paura ma delle paure sono comunque contrassegno e
perciò indizio.
Vi è poi nel corpo un luogo del tutto speciale sul quale scorre
l'intera gamma che va dalle predilezioni alle avversioni amare, incluse
quindi le paure più singolari e personali: quel luogo è il volto e su
di esso le passioni umane si disegnano in trasfigurazioni continuamente
mobili.
Solo imparando a decifrare nella loro infinita fragilità queste
maschere possiamo confidare in una maggiore pietà - e quindi in una
vita migliore.
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