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4. Paura e gioventù

La gioventù non conosce mai la paura.
Se è fortunata può al più averne esperienza, ma ne perde ogni volta il significato - ecco perché i giovani difficilmente ricordano, la memoria non è infatti un forziere muto che attende di essere riempito, il ricordo è un'impronta: per questo la forma più riuscita della gioventù è una vita che senza lasciare tracce rimane tuttavia indimenticata.
Ma qual è la paura più grande che si disegna nell'anima di chi è giovane?
Nella gioventù il mostro più temuto è l'irreversibilità. Scoprire che una cosa non tornerà "mai più": è questo che fa terrore - un'esperienza che investe pienamente anche gli atti della volontà, come la scelta.
Scegliere e non poter più tornare indietro, una volta per tutte.
Se una de-cisione, una cesura, può venire ancora ricucita, allora non è autentica scelta.
Scegliere è rischiare il naufragio, portarsi all'altezza di questo naufragio è uscire dalla gioventù, ossia dalla bellezza, per accedere alla terribile soglia della libertà.
Forse la gioventù, che non è certo un'età ma piuttosto una forma della temporalità, ha presagio di questo abisso e per questo indugia, incantata, nella bellezza, la quale (scriveva Rilke) altro non è che il tremendo al suo inizio.


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