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9. Paura e cultura


"Non ti potrà salvare ciò che scrissero /
coloro che la tua paura implora".
Borges

La cultura è quell'immenso lavorio che distilla dalle esperienze vissute i loro significati e, attribuendo a questi strutture via via differenti riesce a trasmetterli mediante quel fenomeno che prende nome di tradizione.
L'algebra della cultura risiede nelle forme simboliche che l'uomo, in quanto animal symbolicum, intesse nel suo perpetuo dialogo col mondo, tanto che si potrebbe dire che la realtà fisica, naturale, retrocede all'avanzare dell'attività simbolica dell'uomo.
Se tutto ciò è vero allora anche le paure interne ad una cultura sono il risultato di una selezione e di una astrazione da esperienze, operazioni sempre allestite e agite da quei poteri che dispongono di un ordine di discorso e quindi di una voce, quali possono essere ad esempio la medicina (con il fenomeno delle infezioni), la religione (col peccato), la politica (con l'identificazione dei nemici ideologici).
Quando però questa selezione non risponde al bisogno reale che esprime una società di difendersi da alcune minacce, interne o esterne, allora la paura prende la forma dell'interdizione reificata, del tabù, fenomeno che implica un'obbedienza passiva e gravida di pericolosissimi pregiudizi.
Come spiega benissimo Cassirer "ciò che regna nel sistema del tabù è la paura, e la paura sa solo proibire, non guidare; [ ... ] quanto più il sistema dei tabù si sviluppa, tanto più esso minaccia di congelare la vita dell'uomo in una completa passività". [E. Cassirerl]


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