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5. Paura e corpi

"Togliendomi i mari, la corsa e il volo/ e dando
al piede l'appoggio di una terra coatta,/che cosa
avete ottenuto? Bel calcolo:/ non potevate
amputarmi le labbra che si muovono".
Mandel'stam

I corpi sono la grammatica sociale della paura.
Sulla loro superficie, nel loro modo di presentarsi si iscrivono le paure che le varie epoche via via ci consegnano.
Lungi dall'essere semplici organismi, i corpi infatti sono degli incontenibili dispensatoti di segni simbolici e in questo senso incarnano, intimamente, un'epoca e le sue possibilità.
Nel gioco delle vesti e della moda, nei trucchi della seduzione, nella cura della salute, nella ginnastica o nelle posture, nella reclusione che immobilizza come nella disciplina sociale, nell'ortopedia come nella sessualità: infiniti sono i luoghi in cui i corpi sperimentano la difesa dalle paure.
Certo, queste pratiche non esauriscono il loro significato nella paura ma delle paure sono comunque contrassegno e perciò indizio.
Vi è poi nel corpo un luogo del tutto speciale sul quale scorre l'intera gamma che va dalle predilezioni alle avversioni amare, incluse quindi le paure più singolari e personali: quel luogo è il volto e su di esso le passioni umane si disegnano in trasfigurazioni continuamente mobili.
Solo imparando a decifrare nella loro infinita fragilità queste maschere possiamo confidare in una maggiore pietà - e quindi in una vita migliore.


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