Josef Weiss
Serietà alle stelle, serialità alle
stalle. L'una al
massimo grado e brillante di luce propria, l'altra rigorosamente al
bando, nel solco d'una manualità che affonda le radici nel magistero di
Gutenberg. Sono gli indefettibili binari professionali di Josef Weiss,
rilegatore e restauratore di libri d'arte a Mendrisio. Ma anche
stampatore. «In limitatissimo numero d'esemplari» precisa. E
impareggiabile grafico oltre che qualificato editore. Ogni sua opera,
un inimitabile capolavoro per bibliofili. Come «La Passione di Cristo»
di Mario Luzi, opera dipinta su pergamena destinata al compianto
pontefice Giovanni Paolo II; l' «Utopia» Di Tommaso Moro, donata, in
occasione delle Olimpiadi, ai reali di Spagna da Silvio Berlusconi, che
ne ha firmato la prefazione. O, ancora l'omaggio al cinese Lo Ch'ing in
lingua originale, in tedesco e in italiano, commissionata dalla
Fondazione Beltrametti.
Romanshorn sul lago di Costanza nel Canton
Turgovia gli ha dato i natali, la scuola d'arte di San Gallo l'ha
formato alla ferrea disciplina del disegno. Una scelta maturata dopo
una folgorazione. «Ero in visita, quindicenne, alla Stiftsbibliothek a
San Gallo, annessa al convento benedettino. Ne sono stato irretito»
racconta, seduto a un tavolo del suo atelier al civico 4 di via Croci
nel centro storico di Mendrisio. «Vi arrivai nel '68. Ed è stata la
svolta. Finalmente in proprio e non più, piccione viaggiatore come
grafico pubblicitario dapprima a Gais, quindi a Berna, Salisburgo,
Augsburg e Vacallo, testa di ponte con il mercato italiano di un
colosso industriale. Ero un frontaliere al contrario, come Max Huber
col quale avevo stabilito un proficuo sodalizio.»
Sugli scaffali
dell'atelier, accuratamente allineati, gli esemplari in formato A/6,
come comuni cartoline postali, della collana Divan, con chiaro
riferimento al «West-östliche Divan» di J.W. Goethe, nato dal desiderio
di contribuire al possibile dialogo tra occidente e oriente. Trentatré
gli esemplari, di cui uno alla Biblioteca Alessandrina, un secondo alla
Biblioteca Nazionale Svizzera, un terzo per l'archivio Weiss, i
restanti trenta equamente suddivisi tra autore ed editore. E, tra gli
autori, il fior fiore dell'arte di casa e non solo. Ma l'intero atelier
è un florilegio di più discipline. Trattati di storia, filosofia,
teologia, botanica e quant'altro. Josef
Weiss
ricorda le notti insonni «con un trattato settecentesco di entomologia
sotto il letto per timore dei ladri». Era l'esemplare unico della prima
dissertazione sul ciclo vitale degli insetti di Maria Sibilla Merian,
di cui gli era stato commissionato il laborioso e certosino restauro.
Ma Josef Weiss nella sua
proteiforme attività ha anche firmato un testo dedicato al libro a
borsello, per lo più un breviario, fissato alla cintura, di uso comune
nel basso Medioevo. Un ulteriore esempio della costante sete di
conoscenza. Dove ogni libro ha la sua nobiltà, ed è quindi meritevole
di somma cura. Perché per Josef Weiss,
come per la moglie Giuliana, sua collaboratrice e i figli Manuel e
Roger, la cultura del libro è di casa. F.C.
Fiorenzo
Conti mi ha voluto scrivere questa “biografia” nell’ultimo tempo della
sua vita. L’ha fatto con tutto il cuore. È apparso il 27 aprile 2005
sul Corriere del Ticino sulla rubrica “Personaggi”.
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